Il BIM è un modello per ottimizzare, tramite la sua integrazione con metodi e strumenti elettronici specifici, la progettazione, realizzazione e gestione di costruzioni in ambito di edilizia e infrastrutture. Tramite esso tutti i dati rilevanti di una costruzione e presenti in ogni fase del processo devono risultare disponibili in formati digitali aperti e non proprietari.
L’obbligatorietà di specifici metodi e strumenti elettronici di progettazione è stata introdotta dal nuovo Codice Appalti ed è finalizzata a razionalizzare le attività di progettazione e delle connesse verifiche, andando a migliorare e snellire processi che fino ad oggi hanno influito su tempi e modi di partecipazione agli appalti.
Si tratta – spiega il Ministero – di un intervento utile nel perseguimento di una migliore qualità dei progetti e delle opere, criterio ispiratore del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, in quanto, attraverso la digitalizzazione del settore delle costruzioni, si apportano benefici alla spesa pubblica e ai prodotti immobiliari o infrastrutturali e si rende più efficiente l’operato degli attori sul versante dell’offerta, con il conseguente incremento della loro redditività. Secondo alcuni studi ed esperienze, questo tipo di progettazione innovativa può infatti consentire almeno il 10% di risparmi di spese di gestione e risparmi lungo tutto il ciclo dell’opera, abbattendo il ricorso alle varianti e prevedendo per tempo le manutenzioni necessarie.
Il provvedimento entrato in vigore lo scorso 27 gennaio definisce, per gli appalti di lavori e le concessioni di lavori, le modalità e i tempi di progressiva introduzione, da parte delle stazioni appaltanti, delle amministrazioni concedenti e degli operatori economici, dell’obbligatorietà dei metodi e strumenti elettronici, e individua gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti e i contenuti informativi del capitolato.
Il decreto disciplina anche gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti, che dovranno:
E’ previsto inoltre l’utilizzo di piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari da parte delle stazioni appaltanti ed è definito l’utilizzo dei dati e delle informazioni prodotte e condivise tra tutti i partecipanti al progetto, alla costruzione e alla gestione dell’intervento.
Il decreto prevede, già dall’entrata in vigore, l’utilizzo facoltativo dei metodi e degli strumenti elettronici specifici per le nuove opere e per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, da parte delle stazioni appaltanti che abbiano ottemperato agli adempimenti preliminari.Una Commissione dovrà monitorare gli esiti e le eventuali difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti e individuare eventuali misure correttive, per aggiornare le procedure previste nel decreto.
L’obbligo all’utilizzo dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione decorre dal 1° gennaio 2019 per le opere di importo pari o superiore a 100 milioni di euro, e poi via via per importi minori.
Il Decreto BIM, entrato in vigore lo scorso 1° dicembre, ha predisposto anche un calendario progressivo con una deadline entro cui tutti dovranno essersi adeguati alla normativa vigente.
Fase 1: 2019. Tra due anni, entra in vigore l’obbligo BIM per le grandissime opere, sopra la soglia di 100 milioni. Non saranno molte, perché secondo secondo i dati del Cresme, nel 2016 sopra questo livello ci sono stati solo 26 bandi.
Fase 2: 2019-2024. Gli obblighi si allargheranno gradualmente, in particolare per le costruzioni strategiche, con standard di sicurezza particolari.
Fase 3: 2025. Dal 1° gennaio 2025 obbligo BIM anche per le opere di minore importo, tranne quelle che non richiedono particolari problematiche di sicurezza, come il residenziale. In un primo momento si pensava di introdurre l’ultima fase dell’obbligo al 2022, ma poi la scadenza è stata prorogata.